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Tabagismo, 10 mila morti all’anno in Campania

Sigaretta, difficile dirle addio. Fari accesi su prevenzione e riduzione del danno: i dati del sistema di sorveglianza dell’Istituto superiore di Sanità (Passi) dicono che più di un fumatore su tre nell’ultimo anno ha provato a smettere ma in oltre il 50% dei casi il tentativo è fallito. I fumatori incalliti pur volendo smettere continuano a fumare con esiti, purtroppo negativi sulla loro salute. Più dell’80%, tra chi ha provato a smettere, ha poi ceduto alla tentazione. E al Sud si fuma di più: secondo le rilevazioni delle Asl che partecipano al Passi, i fumatori italiani sono il 29%, più uomini che donne, e consumano in media quasi un pacchetto al giorno (14 sigarette).Non ha mai fumato il 51% della popolazione, mentre il restante 20% è riuscito a smettere.

“Le modalità di assunzione di nicotina attraverso prodotti a tabacco riscaldato e sigarette elettroniche – ha detto Alessandro Vatrella, presidente campano della Società italiana di Pneumologia ospite nella giornata di chiusura alla Winter School di Motore Sanità che si è appena conclusa a Napoli – possono rappresentare una delle vie di uscita per minimizzare i danni quando non si riesce a smettere ma per chi inizia possono invece rappresentare talvolta una porta di ingresso”. La dipendenza da fumo è insidiosa in quanto i danni si manifestano dopo un lungo tempo di latenza e si riverberano su tutti gli organi. “Il consiglio – ha concluso Vatrella- è evitare di iniziare a fumare e se proprio non si riesce a smettere le sigarette elettroniche riducono nettamente i danni”

“Da un punto di vista della prevenzione – aggiunge Francesco Fedele, direttore del Dipartimento di Cardiologia al Policlinico Umberto I de La Sapienza di Roma- ci sono due aspetti da considerare: l’iniziazione del fumo che dovremmo riuscire a combattere e quello dei pazienti che nonostante eventi gravi legati al fumo (ictus, infarto), non rinunciano alla sigaretta. In questi casi credo che sia importante trovare delle alternative. Ridurre il rischio in coloro che non vogliono smettere (il 50% dei fumatori), risparmierebbe molte vite“.

I dati parlano chiaro: sono 93mila i morti ogni anno in Italia a causa del fumo che è causa nota di almeno 25 patologie tra cui BPCO, tumori e malattie cardiovascolari. Circa l’85% dei casi di cancro del polmone è legato ad esso. Oggi nei centri antifumo accede lo 0,1% dei fumatori. I clinici: “E’ drammatico; il ruolo dei centri antifumo deve essere potenziato e promosso. Inoltre, il fenomeno del fumo deve essere affrontato con forza attraverso strategie di riduzione del rischio e una solida rete di clinici e associazioni di pazienti”. Riccardo Polosa, Fondatore del Centro di Ricerca per la Riduzione del danno da fumo CoEHAR avverte: “Smettere di fumare e non iniziare sono la prioritàma dobbiamo anche pensare a chi non vuole e non riesce a smettere di fumare. Pertanto ritengo che quella della riduzione del rischio è una delle strade da percorrere in termini di salute individuale e pubblica. Nascondere ai cittadini le opportunitàofferte dagli strumenti a potenziale rischio ridotto, o additarli come pericolosi al pari delle sigarette convenzionali è un paradosso che enfatizza i rischi senza considerarne i benefici. L’Italia deve riaccendere i riflettori sulla sensibilizzazione antifumo, integrando il principio di precauzione con quello del rischio ridotto”

 

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