Campi Flegrei, svelati i segreti del sistema di alimentazione della caldera
Un nuovo studio pubblicato dal team di geofisica dell’IREA-CNR, in collaborazione con ricercatori internazionali, ha rivelato nuovi dettagli sul sistema di alimentazione della caldera dei Campi Flegrei attraverso un’innovativa tecnica di imaging geodetico 4D.
Nella ricerca guidata da Pietro Tizzani, geofisico dell’Istituto per il Rilevamento Elettromagnetico dell’Ambiente di Napoli (IREA-CNR), sono state utilizzate oltre 800 immagini radar satellitari, grazie alle quali è stato possibile ricostruire la complessa geometria e le trasformazioni del sistema di alimentazione magmatica che alimenta uno dei vulcani attivi più complessi al mondo.
In particolare, i ricercatori hanno ottenuto una visione d’insieme della sorgente magmatica e delle regioni crostali sottoposte a stress dovuto alla migrazione del magma e dei fluidi caldi a esso associati, fornendo una rappresentazione 4D del sistema di alimentazione della caldera.
I risultati evidenziano una “zona a imbuto” attiva tra 4 e 5 km di profondità, in cui si concentrano e migrano le sorgenti di sovrapressione, possibile canale di alimentazione magmatica della caldera. A una profondità di circa 3-4 km, i ricercatori hanno inoltre individuato una “lente” parzialmente fusa, circondata da strati fratturati di tufi, sedimenti marini e piroclastiti.
Sono state inoltre individuate due regioni aggiuntive in sovrappressione: una, situata più in profondità, collega la sorgente principale con la crosta inferiore; l’altra, più superficiale, si trova tra Solfatara e Pisciarelli, estendendosi fino a circa 400 metri dalla superficie e potrebbe rappresentare il serbatoio dei fluidi idrotermali che alimentano le fumarole di quest’area.
“Questi strati facilitano la risalita di magma e gas, costituendo un canale naturale per l’attività fumarolica nell’area di Solfatara e Pisciarelli”, spiega Vincenzo De Novellis, vulcanologo dell’IREA di Napoli.
I risultati evidenziano anche l’esistenza di una zona di debolezza nella crosta sotto la caldera, costituita da strati fratturati di tufi, sedimenti marini e piroclastiti. Questa regione potrebbe facilitare l’accumulo di fluidi caldi e l’eventuale risalita del magma.
Il recente studio rappresenta un significativo passo avanti nella comprensione delle complesse dinamiche della caldera flegrea, dimostrando come la sinergia tra competenze scientifiche possa produrre risultati di grande rilievo per la comunità scientifica e per la società.
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