Bradisismo, studiata la struttura della caldera dei Campi Flegrei: serbatoio di magma a 5 km

Un nuovo studio dell’Istituto Nazione Geofisica e Vulcanologia ha rivelato la struttura della caldera dei Campi Flegrei, grazie a un nuovo metodo tomografia sismica 4D (nello spazio e nel tempo) completamente non lineare.
Nella caldera dei Campi Flegrei ci sono serbatoi di fluidi magmatici a 2,5 e 3,5 km di profondità che “rivelano un accumulo prevalente di fluidi in sovrapressione”. Dunque non è un serbatoio di magma che invece si trova a una profondità di 5 km.
E’ quanto si evince dal nuovo studio “Tracking transient changes in the plumbing system at Campi Flegrei Caldera”, condotto da un team multidisciplinare di ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) e dell’Universita’ degli Studi di Milano-Bicocca, pubblicato oggi sulla rivista Earth and Planetary Science Letters di Elsevier.
L’analisi della variazione nel tempo della velocità delle onde sismiche e al contempo, investigare sulle caratteristiche principali del sistema di alimentazione vulcanico e i principali cambiamenti tra l’instabilità (unrest) o bradisismo in corso e il fenomeno accaduto tra il 1982 e il 1984. Questi gli obiettivi dello studio.
“Le tracce transitorie nei tomogrammi descrivono l’ascesa di lotti di magma a profondità basse, che potrebbe essere iniziata nel 2019, perturbando la circolazione superficiale dei fluidi idrotermali. L’esistenza di una firma simile anche durante l’episodio del 1982-84, suggerisce che l’accumulo di lotti di magma potrebbe essere un modo comune di crescita della caldera”, si legge nella ricerca.
E’ il primo studio di tomografia sismica che integra la microsismicità avvenuta ai Campi Flegrei nell’arco di quarant’anni, dal 1982 al 2022. I ricercatori hanno utilizzato una tecnica basata su un approccio probabilistico non lineare alla risoluzione del problema tomografico, analizzando il rapporto tra la velocità delle cosiddette onde P (prime o di pressione) e il loro rapporto con le cosiddette onde S (seconde o di taglio).
Ciò ha permesso di far luce sulle caratteristiche della velocità crostale fino alla profondità di 6 km, dove le tradizionali tecniche linearizzate non sono mai riuscite ad arrivare. Il nuovo metodo ha permesso anche di individuare per la prima volta tre principali zone di accumulo di materiale magmatico alle sorgenti delle deformazioni bradisismiche.
I serbatoi centrali, localizzati a 2,5 e 3,5 km di profondità rivelano un accumulo prevalente di “fluidi in sovrapressione”, mentre il serbatoio più profondo, localizzato a 5 km, mostra valori di velocità coerenti “con un accumulo di magma”.
I risultati mostrano che i due episodi analizzati di unrest del 1982-1984 e dal 2005 al 2022, seppur coinvolgendo volumi differenti, sono stati entrambi caratterizzati da episodi di risalita e di accumulo nella zona centrale prevalentemente di gas magmatici in sovrappressione e in profondità di magma.
Si ipotizza dunque che entrambi questi processi svolgono un ruolo importante nell’indurre l’unrest calderico. Il metodo può rivelarsi un utile strumento per monitorare nel tempo l’evoluzione del sistema di alimentazione magmatica della caldera e la volontà dei ricercatori è di estendere quanto prima il modello probabilistico anche agli anni successivi al 2022.
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