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Scambio elettorale politico-mafioso, 25 arresti: c’è anche l’ex sindaco di Giugliano e alcuni consiglieri comunali

Il clan Mallardo avrebbe condizionato l’amministrazione comunale di Giugliano in Campania, intervenendo nella campagna elettorale per le elezioni comunali nel settembre 2020. E’ quanto emerge dalle indagini dei carabinieri del Ros, coordinate dal Comando Provinciale Carabinieri di Napoli, che ha portato all’arresto di 25 persone

20 sono sottoposte alla custodia in carcere, 5 agli arresti domiciliari, tra gli arrestati anche l’ex sindaco di Giugliano in Campania Antonio Poziello e alcuni consiglieri comunali. Eletto per la prima volta nel 2015, cinque anni dopo, Poziello, dopo essere stato sfiduciato, si era ripresentato alla guida di una coalizione ma aveva perso le elezioni, battuto dall’attuale sindaco, Nicola Pirozzi del Pd.

Secondo la ricostruzione dell’Antimafia, durante il suo mandato di primo cittadino Poziello avrebbe versato al boss Francesco Mallardo somme di denaro provenienti dalla corruzione, promettendo anche l’aggiudicazione di appalti a ditte vicine alla camorra. I due avrebbero avuto anche un accordo per il sostegno durante la tornata elettorale del 2020, poi persa. Lo stesso Poziello nei mesi scorsi è rimasto coinvolto in un’indagine per l’affidamento del servizio dei rifiuti urbani. Il pm della Procura di Napoli Nord aveva chiesto i domiciliari ma la richiesta è stata respinta dal gip.

Tutti gli indagati sono gravemente indiziati, a vario titolo, dei reati di associazione di tipo mafioso, di scambio elettorale politico-mafioso, nonché di estorsione, tentata estorsione, usura, trasferimento fraudolento di valori, corruzione ed altro, delitti aggravati in quanto sarebbero stati commessi avvalendosi del metodo mafioso e con la finalità di agevolare le attività del clan camorristico denominato “Mallardo”, operante sul territorio di Giugliano in Campania e zone limitrofe.

Inoltre, il clan sarebbe anche intervenuto in varie controversie tra privati in disaccordo tra loro. In particolare, le attività illecite sarebbero state poste in essere dagli indagati anche per destinarne i proventi all’alimentazione della “cassa comune” dell’organizzazione criminale, gestita per il sostentamento degli affiliati, ancorché detenuti, e dei loro familiari. E’ stato anche emesso dal GIP il decreto di sequestro preventivo di svariati beni (tra cui rapporti finanziari, terreni, fabbricati, aziende e/o società) per alcuni milioni di euro.

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